Dislessia: quando anche l’autostima non aiuta!

Dislessia: quando anche l’autostima non aiuta!

Quante volte ci siamo trovati di fronte ad un bambino che mostrava delle evidenti difficoltà mentre leggeva e ci siamo chiesti come mai andasse cosi lento o perché commettesse così tanti errori? Oggi probabilmente saremmo portati a pensare che quel bambino potrebbe presentare un disturbo specifico dell'apprendimento e forse, più precisamente, un disturbo della lettura, definito dislessia. La dislessia è un disturbo del neurosviluppo, che comporta una compromissione nell’abilità di lettura, in termini di accuratezza, fluidità e comprensione (OMS, 2018).

Quando si parla di questo disturbo può capitare di soffermarci solo sulle difficoltà strumentali, non tenendo conto delle ripercussioni che tali difficoltà possono avere in termini di autostima e motivazione. Infatti, spesso ci troviamo di fronte ad un circolo vizioso per cui le difficoltà nella lettura inducono un senso di inefficacia, che porta a pensare di non essere capaci e di non potercela fare (Hiebert, Wong & Hunter, 1982) e tutto ciò spingerà il bambino ad evitare i contesti di apprendimento (Higgins, 1987). Questa condizione può incrementare l’insorgenza di disturbi d’ansia (Weisz, Sweeney, Proffitt & Carr, 1993; Masi, Poli, Palladino, Calcagno & Sbrana, 1998) e depressivi (Huntington & Bender, 1993; Palladino, Poli, Masi & Marchesi, 2000).

A questo proposito, lo studio condotto da Marinelli, Romano, Cristalli, Franzese e Di Filippo (2016) ha indagato il sistema attributivo – ovvero il processo attraverso cui gli individui interpretano le cause degli eventi – e l’autostima dei bambini dislessici: gli studiosi hanno cercato di comprendere se e che tipo di effetti la dislessia abbia sull’autostima e se ci sia un bias attributivo generalizzato a tutte le situazioni di vita quotidiana. Per bias attributivo si intende l’errore sistematico che commettiamo quando cerchiamo di spiegare le motivazioni dei comportamenti propri e altrui. Inoltre, è stata esaminata la relazione tra autostima, stile attributivo e presenza di sintomatologia ansiosa e depressiva. Il campione era formato da 41 bambini con dislessia, di cui 12 di seconda primaria, 22 di quarta primaria e 7 di quinta primaria.

Dai risultati emerge che la dislessia ha ripercussioni sull’autostima per quanto riguarda non solo il contesto scolastico, ma anche gli altri contesti di vita quotidiana del bambino.
Per quanto riguarda lo stile attributivo, i bambini dislessici esaminati nel presente studio, tendono a mettere in atto un’attribuzione a cause interne per gli insuccessi ed esterne per i successi, confermando in questo modo la loro credenza di inadeguatezza. All’interno di questo ambito, sono state evidenziate delle differenze di genere: i bambini, pur mostrando attribuzioni interne in caso di insuccessi, tendono a collegarli principalmente ad una mancanza di impegno. Le bambine, invece, tendono ad attribuire gli insuccessi più alla mancanza di capacità. Tutto ciò porta questi bambini a sviluppare un senso di impotenza appresa, ovvero un comportamento che il soggetto mette in atto dopo aver sopportato ripetuti stimoli avversi al di fuori del suo controllo. Quest'ultima sembra caratterizzare in particolar modo le bambine.
Un altro aspetto emerso dal presente studio riguarda il fatto che la dislessia potrebbe essere collegata a sintomi depressivi. I bambini con dislessia, infatti, sembrano caratterizzarsi per umore depresso e questo potrebbe essere spiegato dalla teoria di Seligman (1975). Secondo l’autore, quando una persona avverte di non poter esercitare alcun controllo sull’ambiente, tende a sviluppare quel senso di disperazione e passività tipica dell’umore depresso. Si potrebbe ipotizzare, quindi, che questa situazione sia molto simile a quella vissuta dai bambini con DSA che ogni giorno, nonostante i loro innumerevoli sforzi, non riescono a ottenere gli stessi risultati che i propri compagni di scuola ottengono impiegando la metà del suo sforzo.

Queste informazioni sono estremamente importanti per tutte le figure professionali che lavorano con bambini che hanno un disturbo specifico dell’apprendimento. È fondamentale comprendere il funzionamento del bambino, scoprendo quali sono i punti di forza da valorizzare e quali, invece, i punti di debolezza su cui lavorare. A questo proposito è necessario, quindi, intraprendere con il bambino un percorso a tutto tondo, di modo tale che abbia tutti gli strumenti necessari per affrontare sia la vita scolastica che quella extrascolastica, a pieno delle sue potenzialità.

 


Bibliografia

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Geisthardt, C. & Munsch, J. (1996). Coping with school stress: A comparison of adolescents with and without learning disabilities. Journal of Learning Disabilities, 29, 287-296. 

Hiebert, B., Wong, B. & Hunter, M. (1982). Affective influences on learning disabled adolescents. Learning Disability Quarterly, 5, 334-343.

Higgins, E.T. (1987). Self-discrepancy: A theory relating self and affect. Psychological Review, 94, 319-340.

Huntington, D.D. & Bender, W.N. (1993). Adolescents with learning disabilities at Risk? Emotional well-being, depression, suicide. Journal of Learning Disabilities, 26, 159-166.

La Greca, A. & Stone, W.L. (1990). The social status of children with learning disabilities: A reexamination. Journal of Learning Disabilities, 23, 32-38.

Lau, K. & Chan, D. (2003). Reading strategy use and motivation among Chinese good and poor readers in Hong Kong. Journal of Research in Reading, 26, 177-190.

Masi, G., Poli, P., Palladino, P., Calcagno, M. & Sbrana B. (1998). Il rischio psicopatologico in bambini ed adolescenti con disturbo specifico di apprendimento. In G. Stella (a cura di), La dislessia. Aspetti cognitivi e psicologici, diagnosi precoce e riabilitazione. Milano, IT, FrancoAngeli.

Margalit, M. & Levin-Alyagon, M. (1994). Learning disability subtyping, loneliness, and classroom Adjustment. Learning Disability Quarterly, 17, 297-310.

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Palladino, P., Poli, P., G. e Marcheschi, M. (2000). The relation between metacognition and depressive symptoms in preadolescents with learning disabilities: Data in support of Brokowski’s model. Learning Disabilities Research and Practice, 15, 142-148.

Seligman, M.E.P. (1975). Helplessness. On depression, development, and death. San Francisco, CA, Freeman.

Weisz, J.R., Sweeney, L., Proffitt, V. & Carr, T. (1993). Control-related beliefs and self-reported depressive symptoms in late childhood. Journal of Abnormal Psychology, 102, 411-418.

Sara Canesi Sara Canesi

Psicologa dello Sviluppo e dell'Apprendimento. Iscrizione Albo Psicologi Regione Liguria.

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Giulia Chiappori Giulia Chiappori

Psicologa Clinica, iscritta all'Albo Psicologi della Regione Liguria. Psicoterapeuta in formazione. Lavora come insegnante e tutor.

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Elisa Zappella Elisa Zappella

Ha vent'anni e frequenta il corso di Architettura d'Interni e Design della Decorazione presso la LABA di Brescia.

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