Secondo il rapporto OECD 2018 del programma PISA, gli studenti asiatici hanno prestazioni matematiche migliori rispetto agli studenti occidentali. A cosa è dovuta questa differenza? Si potrebbe pensare che la cultura di riferimento, la disciplina oppure i materiali utilizzati nelle classi siano i fattori che influirebbero maggiormente; in realtà il segreto risiede nel metodo (Fan, Wong, Cai, & Li, 2004).
La letteratura di riferimento propone che il ragionamento aritmetico parta da una base fondata su strategie volte alla ricostruzione di tutte le fasi del processo di calcolo per poi affinarsi fino alla creazione di un network mentale ‒ il quale permette ‒ una rappresentazione cognitiva specifica per il calcolo, che risulta quindi meno faticoso, automatizzato e più rapido (Ashcraft, 1982). Studi sulle abilità matematiche di persone con lesioni cerebrali hanno poi additato come aree importanti per tale capacità cognitiva la corteccia parietale sinistra (Grafman, Passafiume, Faglioni, & Boller, 1982), la corteccia frontoparietale (Cipolotti, Butterworth, & Denes, 1991; Fasotti, Eling, & Bremer, 1992) e il talamo (Ojemann, 1974).
Su questa linea di studi, Rivera, Reiss, Eckert e Menon (2005) hanno scansionato, mediante risonanza magnetica funzionale (fMRI), cioè una tecnologia di visualizzazione dell’attività cerebrale mediante tracciamento del consumo metabolico del cervello, 17 soggetti ‒ di età compresa fra gli 8 e i 19 anni ‒ durante lo svolgimento di due compiti: (1) rispondere se alla presentazione di semplici equazioni di addizione o sottrazione il risultato fosse a loro parere giusto o sbagliato; (2) rispondere se in una sequenza di cifre comparisse il numero 0. I soggetti più giovani hanno differito dai più grandi non tanto nel grado di bravura, quanto nei tempi di risposta e nelle aree attivatesi. Infatti, i più giovani hanno risposto più lentamente e la loro attività cerebrale ha coinvolto più aree, ossia la corteccia prefrontale, la corteccia cingolata anteriore, l’ippocampo, il giro paraippocampale e i gangli della base. Invece, con il crescere dell’età dei soggetti è stato possibile apprezzare un’attivazione specifica delle aree parietali sinistre e tempi di risposta più brevi.
I risultati di questa ricerca evidenziano due elementi utili: 1. il fatto che i soggetti più giovani attivino più aree e, nello specifico, queste appena elencate, denota un’elaborazione del compito matematico di tipo lessicale. In altre parole, la persona elabora il compito come se fosse materiale linguistico; quindi, questo comporta un maggior sforzo cognitivo in termini di memoria e risorse attentive e potrebbe spiegare i tempi di reazione più lunghi. 2. l’attivazione delle aree parietali nei soggetti più grandi mostra una specializzazione funzionale che sottolinea un network mentale sviluppato, quindi più veloce e automatizzato, che di conseguenza riduce i tempi di reazione al compito.
Che cosa si può dedurre da questi risultati? Riprendendo l’esempio degli studenti orientali, questi vengono invitati dall’insegnante a ragionare sulle nozioni matematiche mediante elaborazioni pratico-visive. Questo differisce sostanzialmente dal metodo occidentale, fondato sullo studio di formule e teorie, quindi propriamente su base lessicale. Un elemento incoraggiante di questo studio è che proprio i bambini, apparentemente più svantaggiati rispetto a studenti più grandi, in presenza di un compito di calcolo, a prescindere dal metodo scelto o dal livello di preparazione personale, attivano anche le aree devolute all’apprendimento procedurale: i gangli della base e l’ippocampo.
Questo rappresenta un potenziale vantaggio: intervenire sui metodi di insegnamento adottati a scuola, incoraggiando questo tipo di apprendimento, potrebbe riscuotere una risposta più appropriata e meno faticosa. Ed ecco, forse, spiegato il motivo per cui gli studenti asiatici riescono meglio in matematica!
Bibliografia:
Ashcraft, M. H. (1982). The development of mental arithmetic: A chronometric approach. Developmental Review, 2(3), 213-236.
Cipolotti, L., Butterworth, B., & Denes, G. (1991). A specific deficit for numbers in a case of dense acalculia. Brain, 114(6), 2619-2637.
Fan, L., Wong, N. Y., Cai, J., & Li, S. (2004). How Chinese learn mathematics: Perspectives from insiders (Vol. 1). Singapore, SG: World Scientific.
Fasotti, L., Eling, P. A. T. M., & Bremer, J. J. C. B. (1992). The internal representation of arithmetical word problem sentences: Frontal and posterior-injured patients compared. Brain and Cognition, 20(2), 245-263.
Grafman, J., Passafiume, D., Faglioni, P., & Boller, F. (1982). Calculation disturbances in adults with focal hemispheric damage. Cortex, 18(1), 37-49.
Ojemann, G. A. (1974). Mental arithmetic during human thalamic stimulation. Neuropsychologia, 12(1), 1-10.
Rivera, S.M., Reiss, A.L., Eckert, M.A., & Menon, V. (2005). Developmental Changes in Mental Arithmetic: Evidence for Increased Functional Specialization in the Left Inferior Parietal Cortex. Cerebral Cortex, 15, 1779–1790.
Sitografia:
OECD: www.oecd.org (2018)