“Affronterò la vita […] con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro” recita una canzone di Pierangelo Bertoli. Il futuro e la dimensione della novità ci pongono in una posizione al medesimo tempo di incertezza e di possibilità, in cui l’unica guida che ci orienta sembra essere l’esperienza passata. Se questo è vero in senso generico, non ci sorprenderemo di scoprire quanto sia applicabile nel contesto dell’orientamento spaziale.
L’orientamento spaziale consiste nell’abilità di individuare la posizione o direzione di individui e oggetti stimando le relazioni spaziali che intercorrono tra di essi. In questa, la generazione di nuovi itinerari ottimali viene simulata mediante la riattivazione della rappresentazione topologica dell’ambiente basata sull’esperienza passata (Byrne et al., 2007; Olafsdottir et al., 2015). Questo sarebbe reso possibile dall’azione combinata di ippocampo e corteccia prefrontale (CPF). In particolar modo, l’ippocampo sembra agire utilizzando offline le rappresentazioni dei percorsi già attraversati per ipotizzare possibili nuovi percorsi, mentre la CPF sembra occuparsi della pianificazione e della valutazione dell’azione. La pianificazione del percorso ad opera della CPF avviene mediante un meccanismo di “ricerca ad albero”, in cui sono attivate contemporaneamente molteplici ramificazioni di strade possibili per giungere a un’unica meta.
Javadi e collaboratori, in uno studio del 2017, hanno indagato il ruolo specifico delle varie regioni dell’ippocampo e della CPF nella ricerca e pianificazione di itinerari nuovi, efficienti e diretti al raggiungimento di un posto target in un ambiente non conosciuto. Lo studio ha coinvolto 24 soggetti sani destrimani, che sono stati sottoposti ad un compito di navigazione virtuale per le strade di Soho – una zona di Londra – che avveniva attraverso la visualizzazione di filmati e l’esecuzione di task specifici. L’esperimento si svolgeva all’interno dello scanner di risonanza magnetica funzionale (fMRI) al fine di rilevare le attivazioni cerebrali sottostanti allo svolgimento dei differenti compiti. Inizialmente, i partecipanti prendevano parte a una sessione di training, che prevedeva un tour virtuale di due ore a Soho, per familiarizzare con l’area target della successiva sessione sperimentale. In quest’ultima, i partecipanti visualizzavano 10 percorsi video così suddivisi: 5 prevedevano dei task di navigazione (task sperimentale) e 5 prevedevano dei task di controllo. Entrambe le tipologie di video iniziavano con un’immagine che indicava ai soggetti la loro posizione attuale e la direzione di marcia del video. Nei video di navigazione c’erano due tipologie di task che venivano somministrate ai soggetti: la scelta della direzione da prendere, per andare in direzione del luogo target, e la decisione di quale fosse il percorso più breve da intraprendere, una volta giunti a un incrocio. I percorsi erano predeterminati, in modo tale da essere differenti rispetto a quelli del training e così da seguire il percorso ottimale. Occasionalmente erano però previste delle deviazioni forzate, che testavano le capacità decisionali dei soggetti.
L’analisi dei dati fMRI ha mostrato che:
- l'ippocampo posteriore destro si attivava maggiormente nei compiti di scelta del percorso ottimale, elaborando i cambiamenti nelle connessioni della rete stradale e attivando un replay locale delle rappresentazioni spaziali locali del percorso.
- l'ippocampo anteriore destro si attivava maggiormente nei compiti di scelta della direzione, in relazione alla distanza tra il punto target e il punto attuale, rispondendo quindi alle proprietà globali delle strade.
- l’attività prefrontale laterale bilaterale si attivava prevalentemente di fronte alle deviazioni forzate, riflesso del meccanismo di bilanciamento della pianificazione del percorso con il meccanismo di ricerca ad albero, confermando così il ruolo fondamentale della CPF nella pianificazione spaziale durante la navigazione.
In conclusione, il presente studio ha confermato le ipotesi proposte in letteratura riguardo il ruolo dell’ippocampo anteriore e posteriore e della corteccia prefrontale nella simulazione del futuro nella rete topologica, al fine di consentire la scelta dell’itinerario ottimale (Byrne et al., 2007; Olafsdottir et al., 2015). La consapevolezza di quali siano le aree responsabili dell’orientamento spaziale potrebbe essere un utile indizio nel trattamento di quei pazienti che manifestano deficit in tale ambito, quali i pazienti con Alzheimer.
Bibliografia
Byrne, P., Becker, S., & Burgess, N. (2007). Remembering the past and imagining the future: A neural model of spatial memory and imagery. Psychology Review., 114, 340.
Javadi, A. M., Emo, B., Howard, L. R., Zisch, F. E., Yu, Y., Knight, R., Silva, J. P., & Spiers, H. J. (2017). Hippocampal and prefrontal processing of network topology to simulate the future. Nature communications, 8, 14652.
Olafsdottir, H. F., Barry, C., Saleem, A. B., Hassabis, D., & Spiers, H. J. (2015). Hippocampal place cells construct reward related sequences through unexplored space. Elife, 4, e06063.
Discografia
Bertoli, Pierangelo, A muso duro, ASC, 1980.