La sindrome di Tourette (ST) è una malattia ereditaria del neurosviluppo caratterizzata da tic motori e vocali (Cohen & Leckman, 1994; Curtis, Robertson & Gurling,1992). I tic relativi a questa sindrome, in particolare, possono essere semplici, come battere le palpebre o tossire, o complessi, come saltare o ripetere parole. La ST può rappresentare un disturbo potenzialmente stigmatizzante, poiché i tic possono essere percepiti dagli altri come bizzarri, ostili o inappropriati. Questi evidenti sintomi fisici del disturbo possono ridurre le opportunità di interazione sociale a causa delle reazioni negative con i coetanei.
Sebbene la maggior parte dei bambini con TS, infatti, riferisca di avere alcuni amici (Jagger, Prusoff, Cohen, Kidd & Carbonari, 1982; Nomura, Kita & Segawa, 1992), molti individui riferiscono anche di essere stati oggetto di vittimizzazione e rifiuto da parte dei coetanei durante l'infanzia (Champion, Fulton & Shady, 1988; Packer, 1997, 2005). Molti studenti con TS descrivono di sentirsi imbarazzati e ansiosi a causa della scarsa accettazione e comprensione dei coetanei, e possono allontanarsi da essi per evitare prese in giro (Prestia, 2003).
A tal proposito, la domanda di ricerca che guida lo studio di Holtz e Tessman (2007) è stata la seguente: può un intervento di tipo informativo, basato sulla peer-education, ovvero una metodologia didattica basata su un processo di trasmissione di conoscenze ed esperienze tra membri di un gruppo di pari, e incentrato sul tema della ST cambiare le conoscenze, gli atteggiamenti e le intenzioni comportamentali verso bambini con sindrome di Tourette in un gruppo di bambini tipici? Per esaminare questa domanda, i bambini sono stati assegnati in modo casuale a guardare sia un video di intervento sulla Sindrome di Tourette con annesse spiegazioni da parte di alcuni esperti, sia un video non correlato all'argomento di uguale durata. Si è riscontrato che il cambiamento negli atteggiamenti positivi, nelle intenzioni comportamentali o nel processo di accettazione sociale era significativamente maggiore in quei bambini che erano stati esposti al video educativo rispetto al gruppo di controllo. Nonostante ciò, si possono evidenziare delle limitazioni a questi dati. Il comportamento, infatti, non è stato misurato direttamente e gli studenti non sono stati seguiti successivamente per determinare se i miglioramenti riscontrati siano stati mantenuti nel tempo. Studi follow-up potrebbero aiutare a determinare se questi cambiamenti persistono nel tempo dopo l'intervento e se si traducono in migliori risultati psicosociali per il bambino con ST. Un'altra possibile limitazione di questo studio è che la misurazione dell'atteggiamento era genericamente riferita ad un bambino con disabilità, piuttosto che ad un bambino con TS; sarebbe necessario, quindi, introdurre una misura più precisa.
Questo studio pone delle basi fondamentali per riflettere sull'importanza dell'inclusione e su quanto sia rilevante lavorare su questo argomento già nei bambini molto piccoli. L'esposizione strutturata agli individui con differenze nei primi anni di vita, infatti, può portare ad atteggiamenti più positivi, e maggiore accettazione, in età adulta (Voeltz, 1982).
Aumentando la conoscenza dei bambini sulla malattia o sul disturbo di fronte al loro compagno di classe, la paura e i sentimenti di dissomiglianza, che spingono al rifiuto, possono essere ridotti. Tutto questo porterà ad una maggiore accettazione sociale e ad un ambiente di classe più favorevole.
Aiutiamo, quindi, i nostri bambini a comprendere la diversità e a capire quante cose belle si possono fare se si è uniti verso un’unica direzione!
Bibliografia
Champion, L. M., Fulton, W. A. & Shady, G. A. (1988). Tourette Syndrome and social functioning in a Canadian population. Neuroscience & Biobehavioral Reviews, 12, 255–257.
Cohen, J. D. & Leckman, J. F. (1994). Developmental psychopathology and neurobiology of Tourette’s Syndrome. Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry, 33(1), 2–15.
Curtis, D., Robertson, M. M. & Gurling, H. M. D. (1992). Autosomal dominant gene transmission in large kindred with Gilles de la Tourette syndrome. British Journal of Psychiatry, 160, 845–849.
Holtz, K.D. & Tessman, G.K. (2007). Evaluation of a Peer-focused Intervention to Increase Knowledge and Foster Positive Attitudes Toward Children with Tourette Syndrome. Journal of Developmental Psycholocical Disability, 19, 531–542.
Jagger, J., Prusoff, B. A., Cohen, D. J., Kidd, K. K. & Carbonari, C. M. (1982). The epidemiology of Tourette’s Syndrome: A pilot study. Schizophrenia Bulletin, 8(2), 267–278.
Nomura, Y., Kita, M. & Segawa, M. (1992). Social adaptation of Tourette syndrome families in Japan. Advances in Neurology, 58, 323–332.
Packer, L. (1997). Social and educational resources for patients with Tourette Syndrome. Neurologic Clinics of North America, 15(2), 457–473.
Packer, L. (2005). Tic-related school problems: Impact on functioning, accommodations, and interventions. Behavior Modification, 29(6), 876–899.
Prestia, K. (2003). Tourette’s Syndrome: Characteristics and interventions. Intervention in School and Clinic, 39(2), 67–71.
Voeltz, L. (1982). Effects of structured interactions with severely handicapped peers on children’s attitudes. American Journal of Mental Deficiency, 86, 380–390.