La paura di fallire e quella di mostrare agli altri il proprio fallimento sono fortemente presenti nell’essere umano, soprattutto in ambito accademico. Gli studenti non presentano differenze solo per quanto riguarda le loro conoscenze o abilità, ma anche dal punto di vista motivazionale. Alcuni, infatti, danno priorità alla difesa della propria autostima piuttosto che all’impegno accademico, per fa sì che il fallimento – ad esempio, la bocciatura – possa pesare in misura minore. Ma quali sono i comportamenti messi in atto per proteggere la propria reputazione accademica?
Per evitare di accusare il peso di un possibile fallimento, le persone possono mettere in pratica, più o meno consapevolmente, fenomeni quali l’autosabotaggio o il pessimismo difensivo. Il primo consiste nella creazione di un ostacolo per il raggiungimento dei propri obiettivi, in modo da avere una scusa convincente in caso di fallimento; esso può essere di tipo comportamentale, che implica un’azione diretta (ad esempio, ridurre il proprio sforzo), o dichiarato (ad esempio, fingere di stare male), dove l’individuo verbalizza un presunto problema. Il pessimismo difensivo, invece, consiste nell’abbassare le aspettative sulle proprie capacità, nonostante in passato ci siano stati dei successi, in modo da ridurre l’ansia da prestazione (ad esempio, prevedere di prendere un brutto voto). Sebbene entrambe le strategie siano basate sulla paura del fallimento e sulla convinzione di riuscire a proteggere la propria autostima, esse in realtà, sono controproducenti e agiscono da profezie autoavveranti, questo significa che lo studente , ad esempio, essendo certo di non riuscire a superare l’esame , ne è così convinto che si comporterà come se ha già fallito, portandolo così, a non superare effettivamente l’esame. La messa in atto di uno o dell’altro dipende, infatti, dalla motivazione del singolo e dagli obiettivi di rendimento (Ferradas, 2015). Ognuno di noi può essere maggiormente motivato da due tipi di obiettivi: il mettere in mostra una buona performance o il migliorare le proprie competenze (Dweck, 1986). Sarà proprio questo che potrebbe condannarci a non provare a fare del nostro meglio, solo per paura di non riuscirci e quindi di mostrare, a chi ci circonda, un nostro possibile fallimento. Alcuni studenti, inoltre, possono avere la tendenza a evitare l’apprendimento – per timore di perdere conoscenze già acquisite in precedenza – o la performance – per paura di sembrare incompetenti (Elliott, 1999).
In una ricerca, Ferradas e collaboratori (2016) hanno indagato i profili motivazionali di alcuni studenti universitari spagnoli. L'obiettivo dello studio era quello di identificare il profilo motivazionale facendo attenzione al tipo di autosabotaggio utilizzato, includendo anche le strategie di pessimismo difensivo impiegate. Per l’indagine sono state utilizzate tre scale di misurazione. La prima valuta quattro tipologie di orientamento verso un obiettivo: padronanza, performance, evitamento della performance ed evitamento del lavoro; le altre due, invece, valutano rispettivamente l’autosabotaggio e il pessimismo difensivo.
Dall’analisi dei dati sono emersi quattro gruppi, distinti in base al profilo motivazionale. Il primo gruppo è orientato alla padronanza e all’evitamento del lavoro; il secondo è formato dalle persone orientate alla performance e all’evitamento del lavoro; il terzo è costituito da persone che puntano alla padronanza e a ottenere buone prestazioni; infine, nel quarto gruppo sono presenti le persone che puntano sia alla performance che all’evitamento di essa. È emerso, inoltre, che chi è orientato alla performance è più incline a mettere in atto l’autosabotaggio comportamentale per proteggere la propria autostima e per riuscire meglio a gestire la propria immagine; invece, nel terzo e nel quarto gruppo, è maggiormente presente il pessimismo difensivo, suggerendo che è più diffuso tra gli studenti che vogliono raggiungere un livello accademico ottimale. I dati hanno anche permesso di predire il tipo di autosabotaggio messo in atto: chi è orientato all’evitamento del lavoro è più propenso all’autosabotaggio comportamentale, perché non vuole essere coinvolto in ambito accademico; chi, invece, è più orientato alla padronanza è anche più propenso a mettere in atto un autosabotaggio dichiarato. Lo studio ha consentito anche di mettere in luce che l’autosabotaggio e il pessimismo difensivo sono delle pratiche negative per l’autostima, infatti esse illudono l’individuo di svolgere una funzione protettiva, ma in realtà non fanno altro che abbassarla.
Da queste evidenze possiamo vedere come l’individuo cerca di fare il possibile per sfuggire a un fallimento pubblico, credendo così di poter preservare la propria autostima, sacrificando l’acquisizione di nuove conoscenze che possono spaventare per via di qualche difficoltà. Per impedire di diventare i nostri stessi nemici, mettendo in atto queste tecniche che in realtà sono distruttive, è importante focalizzarci su ciò che ci spaventa e su ciò che crediamo di non riuscire a fare. Procedere in questo modo ci aiuta a capire meglio perché siamo spaventati e ci permette di diventare consapevoli della nostra paura e dei nostri bisogni. Metterci, come si suol dire, il bastone tra le ruote, ci fa perdere l’unico elemento chiave per il successo personale: la fiducia in noi stessi.
BIBLIOGRAFIA
Del Mar Ferradas, M., Freire, C., Núñez, J. C., Pineiro, I., & Rosário, P. (2017). Motivational profiles in university students. Its relationship with self-handicapping and defensive pessimism strategies. Learning and Individual Differences, 56, 128-135.
Dweck, C. S. (1986). Motivational processes affecting learning. American psychologist, 41, 1040
Elliott, J., Hufton, N., Hildreth, A., & Illushin, L. (1999). Factors influencing educational motivation: a study of attitudes, expectations and behaviour of children in Sunderland, Kentucky and St Petersburg. British Educational Research Journal, 25, 75-94.