“Nel mezzo del cammin di nostra vita…” (Alighieri, 2014).
Scommetto che chi ha continuato a recitare (anche a mente) i versi successivi a quello da me riportato, abbia provato una commistione di soddisfazione e piacevolezza. Cito Dante Alighieri perché il 2021 è il suo anno; dunque, colgo l’occasione per omaggiare il grande poeta italiano, che a 700 anni dalla sua morte riesce ancora a far emozionare. Quale omaggio migliore, quindi, se non fornire ai lettori l’opportunità di conoscere la neuroestetica della poesia?
La neuroestetica, infatti, non indaga soltanto i correlati neurobiologici alla base di esperienze estetiche suscitate dall’arte visiva, ma considera l’arte in generale, dunque anche quella letteraria. Quando la presenza di madre natura o di un artefatto umano sono in grado di farci esperire sensazioni di bellezza, stupore e piacevolezza, coinvolgendoci emotivamente e cognitivamente, possiamo dire di star vivendo un’esperienza estetica.
In riferimento a quello che, forse, viene considerato uno dei migliori capolavori italiani, riporto lo studio condotto da Cartocci e collaboratori (2021), i cui obiettivi sono stati: individuare le reazioni neurofisiologiche cognitive ed emotive in persone esperte in letteratura e in quelle non-esperte e verificare, inoltre, se tali reazioni possano spiegare l’apprezzamento, il riconoscimento e la correttezza del materiale letterale a cui sono stati esposti.
47 studenti suddivisi in esperti e non-esperti sono stati sottoposti a misurazioni elettroencefalografiche (EEG, registra l’attività elettrica cerebrale) e a misurazioni della risposta galvanica (GSR, registra le variazioni continue nelle caratteristiche elettriche della pelle) durante l’ascolto della lettura di tre estratti – uno per ciascuna delle tre cantiche (Inferno, Purgatorio, Paradiso) – della Divina Commedia di Dante Alighieri e delle corrispondenti parafrasi registrate su tracce audio.
In particolare, tramite EEG gli autori hanno misurato l’indice di Interesse Cerebrale, vale a dire il grado di approccio/rifiuto nei confronti dello stimolo e l’indice di Sforzo Cerebrale, ovvero il grado di sforzo cognitivo esperito durante l’ascolto; mentre tramite GSR hanno misurato il valore fisiologico del coinvolgimento emotivo (arousal).
Al termine delle sessioni di ascolto, inoltre, ai partecipanti è stato chiesto di rispondere a un questionario breve con lo scopo di valutare se avessero riconosciuto e apprezzato le tracce audio e, in ultimo, di riportare per iscritto il contenuto delle registrazioni per verificarne la correttezza.
I risultati sembrerebbero affermare che gli esperti rispetto ai non-esperti siano meno commossi dalla poesia ma l’apprezzano maggiormente, confermando l’idea che la diminuzione dell’intensità emotiva sia un segnale dell’expertise, cioè della capacità di riconoscimento di un’opera d’arte da parte di una persona esperta. Nei non-esperti, tuttavia, è stato osservato che la conoscenza li rendeva più felici: infatti, man mano che hanno riconosciuto e ricordato in maniera corretta il materiale è aumentato anche il loro grado di apprezzamento verso l’opera.
Questi risultati sono in accordo con la Cognitive Fluency Theory (Reber, Schwarz, & Winkielman, 2004), secondo la quale i modelli ricorrenti come la metrica e il ritmo di una poesia favoriscono una maggiore fluidità percettiva – facilità di elaborazione delle informazioni – e, di conseguenza, un maggiore apprezzamento estetico. È importante sottolineare, però, che mentre queste componenti ricorrenti possono aumentare la bellezza e quindi l’apprezzamento di un’opera, allo stesso tempo, possono diminuirne la facilità di elaborazione semantica, come osservato nei non-esperti: quando, infatti, questi non possedevano conoscenze a sufficienza dell’opera, tendevano a fornire giudizi di pancia e meno ragionati.
Concludendo, la neuroestetica della poesia sembra suggerire che la bellezza di un’opera letteraria sia suscitata dalle conoscenze pregresse di essa e dalle sue componenti ricorrenti perché ne facilitano l’elaborazione percettiva, ma ciò vale soprattutto per chi non è esperto poiché le sue cognizioni sono ancora strettamente intrecciate alle proprie emozioni; invece, l’apprezzamento mostrato dagli esperti sembra essere determinato da aspetti principalmente cognitivi piuttosto che emotivi.
Adesso mi chiedo: vuoi vedere che mi sono emozionato solo io nel completare mentalmente il verso di Dante in cima all’articolo, in quanto non-esperto, e invece qualcuno che ne sa più di me o chi addirittura non conosce il verso non ha provato praticamente nulla?!
Bibliografia
Alighieri, D. (2014). Inferno Canto I. In G. Fallani, e S. Zennaro (a cura di), Divina Commedia (pp. 31-37). Roma, IT: Newton Compton Editori.
Cartocci, G., Rossi, D., Modica, E., Maglione, A. G., Martinez Levy, A. C., Cherubino, P., Canettieri, P., Combi, M., Rea, R., Gatti, L., & Babiloni, F. (2021). NeuroDante: Poetry Mentally Engages More Experts but Moves More Non-Experts, and for Both the Cerebral Approach Tendency Goes Hand in Hand with the Cerebral Effort. Brain Sciences, 11(3), 281.
Reber, R., Schwarz, N., & Winkielman, P. (2004). Processing fluency and aesthetic pleasure: Is beauty in the perceiver's processing experience?. Personality and social psychology review, 8(4), 364-382.