Vi siete mai chiesti cosa vi ha portato a essere chi siete oggi? E, in particolare, quali sono gli eventi che hanno determinato delle conseguenze significative nella vostra vita adulta?
Si può, certamente, affermare che diversi sono i fattori che possono contribuire a formare la nostra persona, come la famiglia e l'ambiente in cui cresciamo. Vi è, però, un elemento che, se presente durante l'infanzia, può influenzare in modo ancor più incisivo la nostra vita adulta: lo stress…
Qual era la vostra materia preferita alle elementari? E le scuole superiori, in base a cosa le avete scelte? Vi piace l’università o il lavoro che state facendo? Non è un interrogatorio spietato, ma un trampolino di lancio per esporvi una ricerca fatta dal gruppo di Nash e Grossi (2007). Se sapete rispondere a queste tre domande e le vostre risposte implicano soddisfazione per le vostre scelte, congratulazioni!
È molto importante per il proprio benessere personale essere soddisfatti delle proprie scelte e, nel caso si tratti di decisioni difficili e/o dolorose, poter fare pace con noi stessi e andare avanti. Perché parlare di tutto questo? Perché non è scontato affatto! Ogni persona ha un modo diverso di decidere e orientarsi nella vita quotidiana, dalle piccole fino alle grandi questioni. Come, ad esempio, la scelta della propria carriera.
Il gioco è da sempre visto come una forma di intrattenimento sana e indispensabile per la crescita. La nobiltà riconosciutagli dall’opinione pubblica, tuttavia, scompare quando si parla di videogiochi. Per milioni di persone giocare ai videogame fa parte della vita quotidiana e la prevalenza della dipendenza dai videogiochi è a lungo stata sovrastimata. Una metanalisi – ovvero una ricerca che riassume i dati provenienti da diversi studi – ha rivelato che solo il 3,1% dei gamers sono giocatori problematici. Inoltre, la loro dipendenza sembra essere a breve termine: il 75% non mostra più i sintomi dopo due anni. Tuttavia, non è mai stata effettuata una chiara discriminazione tra i giocatori che fanno eccessivo uso di videogiochi con conseguenze negative e quelli per cui il videogame rappresenta un modo per riempire il tempo vuoto o per socializzare in assenza di altre attività. Ma quali sono le cause della dipendenza?
“…bel micino tu…”. È la famosa ninna nanna che riesce a calmare e far addormentare Sheldon Cooper, uno dei protagonisti della serie “The Big Bang Theory”. Alcune fiabe e filastrocche imparate durante l’infanzia, infatti, se ascoltate da adulti, possono dare una piacevole sensazione di sicurezza, ma, nei bambini, esse hanno davvero un grande potenziale: non solo la musica e una bella storia possono influenzare l’umore, cambiare il comportamento, ispirare la creatività e sviluppare il proprio “Io musicale” , ma sono anche e soprattutto il carburante in grado di dare una spinta significativa allo sviluppo cerebrale…
La realtà pandemica nella quale ci troviamo da ormai due anni ha spinto gli scienziati a porsi diversi interrogativi, uno tra questi include l'impatto che il virus ha avuto e ha sugli adolescenti. Vediamo insieme cosa è stato rilevato!
Se vi dicessi che gli scienziati stanno lavorando allo sviluppo della telepatia, quella capacità di trasferire i messaggi da una mente all’altra senza l’ausilio dei sensi, ci credereste? Non c’entrano mutazioni genetiche, come nel caso del Dottor X degli X-Men, ma il merito va alle intelligenze artificiali…
L’esperienza estetica è per sua natura multisensoriale e a tratti ipnotica. Se provassimo a eleggere la tipologia di espressione estetica più coinvolgente, non potremo che citare la danza. Ma come si differenzia il cervello dei ballerini professionisti? In che modo la conoscenza tecnica dei movimenti osservabili influenza l’esperienza estetica e la percezione empatica conseguente? Un team di neuroscienziati ha provato a rispondere a queste domande studiando i ballerini professionisti del Royal Ballet di Londra…
Si inizia a disegnare quando si è piccoli e avviene in modo spontaneo. Con il tempo, l’esercizio e la scuola si migliora sempre più e si sviluppa un certo gusto critico. Sebbene sia un’attività ricreativa che coinvolga imprescindibilmente la vista, è probabile però che il fattore chiave per disegnare bene non sia tanto avere un buon occhio...
L'esperienza estetica è un argomento molto intrigante e controverso. Tanto attraente da aver attirato l'interesse dei neuroscienziati, i quali hanno inaugurato un campo di ricerca denominato Neuroestetica, incentrato sulla comprensione delle basi neurali coinvolte nell’interazione uomo-arte. I risultati finora ottenuti sono molto eterogenei, infatti non esiste un modello interpretativo condiviso tra i ricercatori. Tuttavia, una visione d'insieme suggerisce che l'esperienza estetica è caratterizzata dall'attivazione di aree sensomotorie, emotive e aree legate alla ricompensa. In particolare si sta arrivando ad un approccio multisensoriale che spodesta la centralità del sistema visivo nell’interpretazione della relazione uomo-arte...
Quanti di voi hanno già sentito pronunciare la frase “mens sana in corpore sano” (Giovenale, 2013)? Anche se il significato originario che il poeta latino voleva dare a questa locuzione – ossia bisogna chiedere agli dei che la mente sia sana nel corpo sano – era diverso da "mantenere il corpo in forma aiuta anche la salute del cervello", è questa l'interpretazione che, ad oggi, grazie all’incremento del sapere delle scienze mediche, viene attribuita a questo motto.
In un episodio della serie tv “Atypical”, realizzata da Netflix (2017), Sam ‒ un ragazzo di 18 anni con sindrome di Asperger ‒ condivide la propria situazione dolorosa con un peluche. La madre, che assiste stupita a questa confessione emotiva, riesce ad approfondire la situazione di suo figlio prestando la propria voce al peluche. La madre di Sam scopre un mezzo inatteso per avere un dialogo profondo con suo figlio, ma la domanda che sorge spontanea è: perché Sam si confida con un peluche?
Nulla è più soggettivo dei gusti personali. In particolare, si è scoperto che nulla è più soggettivo dei gusti personali in relazione alle aspettative e al contesto.
Ad esempio, Plassmann, O'doherty, Shiv e Rangel (2008) hanno dimostrato che la preferenza per i vini aumenta all’aumentare del prezzo, anche se inventato. È come se il consumatore si fidasse del valore di mercato attribuito al prodotto, creando un’associazione cognitiva fra la quantità di denaro richiesta e la qualità del vino offerto, e fin qui nulla di nuovo. Tutti noi ci fidiamo dei valori di mercato, grossomodo.
Se, invece, passiamo dal mercato vinicolo al mondo dell’arte contemporanea, che succede?